Riley Smith

Per settecento anni, dall'XI al XVIII secolo, papi e vescovi hanno rivolto accorati richiami ai credenti perché, nel nome della croce, andassero a combattere contro gli infedeli, che si trattasse degli ultimi pagani d'Europa in Livonia, degli eretici in Francia e Boemia, dei maomettani in Spagna e nel vicino Oriente. Quasi sempre questi appelli suscitarono entusiasmo e consensi, con una larga partecipazione di nobili, cavalieri e gente comune. Diversi furono i fattori che indussero migliaia di uomini ad affrontare pericoli e fatiche, e spesso la morte, in terre lontane e inospitali: lo slancio religioso che faceva della crociata un pellegrinaggio armato; la natura penitenziale di molte crociate e quindi il loro significato salvifico; i vantaggi materiali garantiti dalle indulgenze; lo spirito di avventura e di conquista; la precarietà delle condizioni economiche in patria.

The Bell features dynamic chamber music compositions written for masterful improvisers. The best thing I caught all weekend, said critic Peter Margasak of the 2014 New York Winter Jazzfest, was a superb trio led by drummer Ches Smith with pianist Craig Taborn and violist Mat Maneri, which expertly infused seductively narcotic writing with a mixture of brooding melody and rich texture.

Smith’s new album, Laugh Ash, is perhaps his most startling and remarkable to date, a breathtakingly original set of music whose touchstones are myriad but ultimately meaningless in the face of an inventive and stunningly unfamiliar expression. Due out February 2, 2024 via Pyroclastic Records, the album makes thrilling use of disorientation and juxtaposition: starkly beautiful chamber melodies coexist with synthetic rhythms, explosive bursts of improvisation with elusive song forms, austere ambience with thundering complexity. Eclectic, undoubtedly, but in a paradoxical way that is defiantly cohesive while never losing sight of the fact that none of it should be.